I primi casi di “rapporti alterati” con le sostanze già a 11 anni. Sempre più diffusa la moda del “binge drinking”: «Come una roulette russa, la chiave in un gene».

È la fotografia riportata dal professor Mario Baraldi. Una realtà con cui contrasta l’Ausl di Modena, già da marzo impegnata nella campagna “Il massimo è zero”. I dati rilanciati dal docente si accompagnano con un’indagine condotta da Hbsc. Essa ha evidenziato che un quindicenne su quattro (25%) ha già un comportamento alterato con l’alcol. La percentuale scende all’8% per i tredicenni e al 5% per gli undicenni. Una delle modalità di consumo più diffusa è l’abbuffata alcolica o binge drinking: tante unità in poco tempo. In provincia di Modena, secondo i dati Passi, è un rischio che corrono circa 60mila giovani tra i 18 e i 24 anni.

Se ne parla venerdì 16 ottobre all’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in un convegno dal titolo “Alcol: il buono, il brutto e il cattivo”.

La soglia si sta sempre più abbassando. S’inizia a bere verso gli undici anni. Un’età in cui circa un giovane su quindici (6,3%) ha avuto esperienze di binge drinking. Tanti i fattori su cui il presidente dell’omonima Fondazione invita a riflettere: famiglia, adulti in generale, contesto, geni. Il primo problema, ha aggiunto, è l’educazione. «In Italia esiste la scuola guida – ha ripreso Baraldi – ma non c’è alcuna scuola per il consumo dell’alcol. I progetti dovrebbero partire dalle elementari». A Modena è da tempo in vigore un’ordinanza che vieta la somministrazione di bevande alcoliche ai minori. Tuttavia, i giovanissimi riescono lo stesso a bere sostanze alcoliche. Spesso sono le stesse famiglie a incentivare il “bicchierino”. Altre volte i genitori non si prendono cura dei figli. «Se un ragazzo di 10-12 anni torna a casa – ha spiegato Baraldi – e dice ai suoi “Non ho fame”, perché ha bevuto due o tre birre, il genitore per quale motivo non controlla cos’abbia?». I problemi riguardano la salute, ma anche la linea. «Due birre equivalgono a circa 1.200 calorie», ha garantito il docente. Se l’influenza dell’ambiente è innegabile, Baraldi intende scoprire sempre più quale sia la componente nel Dna alla base degli abusi. «Propongo un nuovo progetto di ricerca – ha anticipato Baraldi – per analizzare la predisposizione genetica». Se alcune persone riescono a contenersi e altre no la chiave potrebbe essere in un «determinato tipo di gene», dunque. Un meccanismo che, se individuato e disattivato, potrebbe spingere il desiderio di “strafare”.

«Il binge drinking è una come roulette russa», ha esemplificato il professore, ricordando come gli esiti mortali siano legati sia alle malattie sia agli incidenti stradali. «Le nuove generazioni si autoeliminano», ha spiegato ancora. I dati del progetto Buonalanotte, avviato in collaborazione con il Comune, sono eloquenti. Oltre un giovane su dieci (11%) non rinuncia a mettersi alla guida anche se ha bevuto oltre il limite. L’11,4% delle patenti ritirate appartiene di conducenti con 24 anni o meno.

Passati i diciotto, quale può essere la soluzione? «Bere senza esagerare – ha risposto Baraldi – un bicchiere di vino o una birra a pasto. Per i greci la parola “pharmakon” indicava sia una sostanza tossica sia il rimedio. La differenza sta nella dose».

Fonti: Gabriele Farina – La Gazzetta di Modena; Rassegna stampa vino, birra e altri alcolici del 15.10.15